
Genesi del metodo
Il presupposto delle Costellazioni Familiari di Bert Hellinger si basa sull’assunto che ogni individuo sia inserito all’interno di campi di risonanza quale fonte di una costante rete di interconnessioni.
I campi di coscienza condivisa, altrimenti detti campi morfici, da quello planetario a quello riguardante il continente, la nazione di appartenenza, la società, l’azienda, fino alla famiglia di origine, sono esempi di campi di risonanza energetica all’interno dei quali coloro che vi appartengono sono interconnessi sia da un punto di vista emozionale che comportamentale.
Le Costellazioni Identitarie, rispetto a quelle familiari, intervengono su un ulteriore campo di coscienza condivisa che riguarda le parti interiori che compongono l’identità, dal quale emergono opportunità di chiarificazione ed efficaci dinamiche trasformative a beneficio della tematica trattata e degli obbiettivi da raggiungere.
Tra le innumerevoli parti dell'essere decretanti il dialogo interiore, durante le sessioni di Costellazioni Identitarie vengono trattate le seguenti parti di sé apportanti le relative caratteristiche e qualità:
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parte filiale: ludica, bisognosa, richiedente, impulsiva, entusiasta, vitale;
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parte femminile adulta: autorevole, accogliente, creativa, nutriente, lungimirante, fiduciosa;
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parte maschile adulta: autorevole, determinata, logica, strutturante, chiarificatrice, preservante;
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parte atavica: connessa, magica, intuitiva, oracolare.
Distinzioni dalle Costellazioni Familiari
Nonostante lo svolgimento delle Costellazioni Identitarie si basi su alcuni passaggi chiave introdotti dalle Costellazioni Familiari e sull’utilizzo del campo morfico, nella sostanza sono due metodi differenti.
Nel corso delle Costellazioni Identitarie non vengono infatti utilizzate le dinamiche riguardanti la famiglia d’origine come strumento d'indagine e, anche laddove queste emergessero in relazioni ai riferimenti o ai modelli integrati dal Costellato, le stesse rimarrebbero considerazioni personali non necessariamente rilevanti ai fini del dispiegarsi della costellazione.
Il principio di interezza che questo metodo introduce ti consente di scoprire, incontrare e dialogare con le parti di te che decretano il tuo dialogo interiore e il tuo assetto identitario, in un percorso di svelamento che non porta all'emersione di traumi e si dispiega al di là delle similitudini e delle differenze tra te e i membri della tua famiglia d’origine, individuando così la tua autonomia e unicità e, non ultimo, abbandonando gli alibi relazionali per ritrovare in te stesso e nella tua interpretazione del reale la chiave del cambiamento che cerchi.
Il campo morfico
Questo concetto risalente agli albori dell’umanità si basa sull’ idea che ogni realtà, anche apparentemente inanimata, contenga una presenza spirituale connessa all’anima del Tutto.
Gli antichi filosofi greci la chiamavano Anima Mundi, essa si ritroverà quindi nelle più svariate espressioni del misticismo e della filosofia sia occidentale che orientale.
Nell’induismo veniva chiamata Ātman, termine sanscrito che indica l'”essenza”, il “soffio vitale”. Tradotta anche col pronome personale riflessivo di terza persona “Sé Universale”, nel corso del tempo il suo significato si è esteso fino ad includere la vita, l’anima, il sé o l’essenza dell’ente individuale.
In tempi moderni la teoria dei campi morfici viene elaborata dal biologo e saggista britannico Rupert Shaldrake che si pone l'obiettivo di prevedere la dinamica di un sistema sulla base del comportamento dei suoi singoli elementi. Prendendo come riferimento il volo degli stormi di uccelli, o la formazione dei cristalli, fino a considerare le molecole proteiche del corpo umano o la formazione di cellule diverse a partire da un'unica cellula e da un unico DNA, lo studioso individua la presenza di una forza invisibile all’interno sistema non identificata con uno dei suoi componenti, ma bensì col sistema stesso. Detto campo morfico, responsabile dell'organizzazione, della struttura e della forma del sistema, avrebbe inoltre una sua memoria determinata dal contributo di ciascun membro.
La funzione basilare dei campi morfici è quella di introdurre un ordine all'interno dei sistemi che presiedono: essi lavorano a livello subatomico, agendo come delimitazioni programmate e schematizzate sulla moltitudine di eventi probabili. I campi morfici guidano così i sistemi verso obiettivi specifici, i quali rappresentando i confini verso i quali un sistema dinamico viene attratto.